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Il grano e le spighe: la cerealicoltura in nord-Africa nell'antichità

(testo di Lorenza-Ilia Manfredi)

"Coltivatori e mangiatori di cereali", così Ecateo da Mileto (Jacoby, fr. 335) definisce i popoli libici e Strabone (XVII, 3, 11) specifica che nelle terre dei Massesili dopo la mietitura è sufficiente grattare il suolo con un paliuri perché i chicci caduti diano un nuovo raccolto. Columella (De re rustica, II, 2), in polemica con Celso, ricorda che il metodo di lavorare la terra con piccoli vomeri e con semplici erpici può essere produttivo soltanto in Egitto o Numidia, dove i campi di frumento sono liberi da alberi e la terra, ricca di arene, è sciolta e leggera quasi come cenere: per questo basta muoverla con piccolo aratro a chiodo.

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Stele del tofet di Cartagine, con raffigurazione dell'aratro, III sec. a.C. (CIS I, 1439, 1505, 2700)

È a Cartagine che le fonti classiche riconoscevano la paternità della scienza agraria. Plinio (XVIII,98) illustra i sistemi di macinatura del grano e dell’orzo descrivendo la tecnica prescritta da Magone che suggerisce di liberare i cereali dalla pula versandovi sopra molta acqua. Il sistema poco conosciuto o ignorato in ambiente italico doveva essere di origine vicino-orientale, così come il plostellum punicum, il cosiddetto "carro punico" descritto da Varrone nel Res Rusticae (I, 52, 2). Le grandi quantità di cereali venivamo conservate nei silos sotterranei diffusi ancora oggi in tutto il Nord Africa, documentati archeologicamente e ricordati anche dalle fonti classiche.

Annibale tra la seconda e la terza guerra punica tenta, senza successo, di ristrutturare l’economia cartaginese favorendo la produzione di olio e vino a discapito della monocoltura cerealicola, mentre Massinissa è lodato da Polibio (XXXVIII,10) per aver trasformato il suo regno da regione sterile a grande produttore di cereali.

 
Stele CIS3546
Stele CIS3756

Stele del tofet di Cartagine, con raffigurazione di spighe, III sec. a.C. (CIS I, 3756, 3546) 

Le delle spighe presenti sulle serie monetali delle città autonome del Nord-Africa sono un riferimento alla ricchezza di queste terre. L’apparizione del cereale come simbolo principale nelle emissioni della rivolta libica del 241 a.C. sembra avere una precisa valenza culturale ed etnica e trova riscontro nell’affermazione di Polibio (I, 71,1), secondo cui il timore dei Cartaginesi era che i Libici su accordassero con i mercenari in rivolta assicurando a quest’ultimi l’approvvigionamento dei cereali.

Mosaico raffigurante i lavori campestri, fine del III sec. d.C. (Cherchel, Musée)

Immagine tratta da S. Lancel, L'Algerie punique, Paris 2003. 

 Mosaico con lavori campestri

 Moneta della zecca di Cirta, II sec. a.C. (disegno di M. Viola)Le spighe ricompaiono sulle serie monetali delle città autonome del Nord Africa dopo la caduta di Cartagine, come emblema della produttività delle pianure pre-sahariane. Iol-Caesarea fu il primo centro neopunico, alla fine del III sec. a.C., a coniare monete con la tipologia delle tre spighe. La città dovette essere uno dei porti più attivi della costa algerina dove venivano stoccati i prodotti agricoli delle pianure interne.

Moneta della zecca di Iol, II sec. a.C. (disegno di M. Viola)

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