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Le necropoli e il rituale funebre

(testo di Annalinda Iacoviello)

I fenici e i punici utilizzavano, come rituale funebre, sia l’incinerazione che l’inumazione, anche nella stessa necropoli o nella stessa tomba; l’unica distinzione possibile è cronologica, poiché l’incinerazione sembra essere stata utilizzata più anticamente, nell’VIII-VII secolo a.C.

Le necropoli erano sempre separate dall’abitato: si trovavano in un’area diametralmente opposta, come a Rachgoun, sulla sponda opposta del fiume o su un’isola vicina. Le deposizioni erano accompagnate da ceramica, in particolare da olle monoansate (ossia con un solo manico) , brocche ad orlo trilobato o piatto, detto “a fungo”, lucerne, mono o bilicni, gioielli, amuleti, statuine di terracotta, che rappresentavano solitamente il defunto, uova di struzzo e tridacne (molluschi bivalvi) decorate e, infine, maschere o protomi, sia maschili che femminili, diffuse nelle sole necropoli occidentali.

Le deposizioni erano talvolta associate a stele, che avevano sia funzione di segnacolo che valore di offerta.

Per quanto riguarda le inumazioni, si possono trovare sia sepolture singole, inumazioni in fossa, in cista o in sarcofago, sia collettive, in tombe a camera o a pozzo. Nel caso di incinerazioni, la cremazione poteva avvenire in situ, o, più spesso, in aree predisposte.

Un complesso particolare è il tophet: è un santuario a cielo aperto, costituito da un insieme di urne, con ceneri di bambini e animali di piccolo taglio, accompagnate da stele, dotato talvolta di un sacello e di un recinto. L’ipotesi che le ceneri appartenessero a vittime sacrificali è ancora piuttosto dibattuta.

Le necropoli puniche di Algeria si sono conservate, purtroppo, solo in alcuni siti, a causa della sovrapposizione delle deposizioni romane.

A Rachgoun è stata individuata la necropoli del Faro, a nord dell’isola. Si tratta di una necropoli in cui prevale il rito dell’incinerazione, con ceneri in vasi, in ciste o direttamente a contatto con la roccia. Le ceneri sono accompagnate da gioielli, ornamenti e armi. Le poche inumazioni sono collocate in anfratti naturali della roccia e sono riservate, per lo più, a bambini entro i nove anni. Tra le armi prevalgono le lance in ferro, introdotto nel mondo punico dal VI sec. a.C., mentre i gioielli e gli amuleti mostrano talvolta un’influenza egizia, nella scelta di pendenti in forma di ankh o di Ptah-Pateco; ci sono anche scarabei con iscrizioni egizie, tra cui uno con dedica ad Amon. Tutti i rinvenimenti si datano tra VII e VI sec. a.C. Nel repertorio ceramico si trovano anche tipi particolari, di cui uno decorato a bande circolari di colore nero, estraneo al repertorio cartaginese, uno modellato con decorazioni incise, di fattura locale.

La necropoli orientale di Les Andalouses, datata al III-I sec. a.C., mostra la coesistenza di inumazioni e incinerazioni. Si distinguono tre gruppi di tombe: incinerazioni individuali, tombe a fossa e a camera, ipogei, radunati nell’interno, e alcune deposizioni in anfore. Le ceneri sono raccolte in vasi, in recipienti di vario materiale, in ciste o in “cassone”, ossia in una fossa rettangolare delimitata e coperta da pietre, nel qual caso le urne erano direttamente a contatto con la roccia. Le tipologie ceramiche sono brocche, piatti, anfore e lucerne, rispecchiando così il costume punico, ma, in alcuni casi, presentano decorazioni, tra cui le bande orizzontali nere, come a Rachgoun, o incisioni, estranee al mondo punico. Le deposizioni sono, inoltre, accompagnate da gioielli e amuleti, ma anche da stele e monete puniche, il cui uso prosegue oltre il 146 a.C.

Un’altra necropoli interessante è quella di Tipasa, localizzata a ovest del porto punico: anche qui si trovano praticate sia l’incinerazione che l’inumazione. I corpi, in una prima fase, sono stesi supini, con il volto verso ovest e i piedi verso est, secondo un costume locale. Il corredo associato rispecchia chiaramente il costume punico: particolare indizio di questo legame è la presenza del vaso a chardon, tipico del mondo fenicio-punico, decorato con bande orizzontali di colore rosso-scuro, brocche con orlo trilobato e “a fungo”, gioielli, amuleti, uova di struzzo e scarabei, di cui uno decorato con grifone e cavallo, motivo diffuso dall’emporio di Naucrati in Egitto. I ritrovamenti risalgono, per lo più, al IV sec. a.C., ma ci sono anche oggetti più antichi, della seconda metà del VI sec. a.C.

A Gouraya/Gunugun, nei pressi di Iol, c’è una necropoli punica di III-I sec. a.C. in cui è praticato solo il rito dell’inumazione: le tombe sono a pozzo, con camera funeraria, e possono ospitare deposizioni sia a contatto con il suolo, sia in sarcofagi. È testimoniato anche un particolare rito locale: i corpi venivano scarnificati e le ossa erano ammucchiate sul suolo della tomba o poste in recipienti. La ceramica che accompagna le deposizioni è sia di importazione, campana e cartaginese, sia di fattura locale. Sicuramente locali sono gli askoi e un vaso dipinto con una palmetta, appena accennata, fiancheggiata da due occhi; un vaso simile è stato trovato anche nella necropoli di Collo ed aveva, probabilmente, valore apotropaico. Si trovano anche gioielli, tra cui un pendente “a campana”, noto anche a Cartagine, e uno scarabeo, che reca incisa, sul retro, l’immagine di Iside che allatta il giovane Horo. Tra gli amuleti, si annoverano quelli di Ptah-Pateco o di Bes, mentre di produzione locale sono le maschere femminili, eseguite molto sommariamente, dotate di un’espressione molto più serena rispetto alle maschere grottesche di Cartagine.

La necropoli di Gigelli/Igilgili presenta inumazioni in tombe a pozzo con scala d’accesso, in cui si trova ceramica di fattura locale, talvolta lavorata al tornio, ma sempre già utilizzata: si tratta di ceramica da cucina, per cui abbondano anfore e brocche. Poiché la necropoli è stata violata, non si è conservato altro mobilio, e in base alla ceramica si può datare tra il VI e il III sec. a.C.

Un’altra necropoli algerina nota, è quella di Portus Magnus/Saint Leu, in cui sono urne cinerarie con resti umani e di piccoli mammiferi o uccelli, poste in cavità della roccia, associate a stele neopuniche con dediche a Baal-Hammon, nella fase più antica, e a Saturno, tra I e V sec. d.C.

Un dato interessante è che, anche nelle necropoli di età romana algerine, si continuano ad utilizzare sia l’incinerazione che l’inumazione, ereditate dal mondo punico.

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