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Dal metallo alla moneta nell’Algeria punica |
Le miniere |
Il sistema territoriale |
Le analisi archeometriche |
Le zecche |
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Il contributo delle analisi archeometriche alla determinazione della composizione dei metalli è stato, negli ultimi anni, fondamentale alla ricostruzione del processo di produzione delle monete antiche. Nella valutazione dei dati ottenuti con la spettrometria di massa con fluorescenza a raggi X, la microscopia elettronica, la comparazione con gli isotopi del piombo, va costantemente tenuto conto che le leghe, in particolare il bronzo, variano in quanto variabile è l’accesso al metallo da monetare, e non si hanno parametri precisi per valutare la reale incidenza del riuso del metallo più antico derivante da monete fuori conio, zecche allogene e oggetti non monetali, sulla quantità e qualità di una determinata emissione. Allo stesso modo, documentata in tutte le epoche antiche, ma altrettanto difficilmente valutabile, è la tendenza all’alterazione delle leghe, con la riduzione del metallo più prezioso (nel bronzo in genere lo stagno) e l’aumento del rame o del piombo.
La possibilità di eseguire analisi archeometriche comparate sulle monete e sui campioni dei minerali metalliferi dei bacini nord-africani e spagnoli permetterebbe di approfondire la conoscenza dei processi di produzione e provenienza del metallo utilizzato, fornendo indicazioni puntuali per la comprensione del fenomeno dell’utilizzo del piombo in relazione l’andamento generale della politica monetale cartaginesi e degli eventuali fenomeni inflazionistici. Tra il 264 e il 237 a.C., tra la prima guerra punica e la fine della rivolta libica, le serie cartaginesi in bronzo Core/cavallo stante e sarde Core/cavallo retrospiciente, presentano, infatti, lettere e numerali probabilmente da intendersi come indici del rapporto tra bronzo e argento. Il valore potrebbe essere stato registrato nel tentativo di stabilizzare i cambi nell’ambito di una “riforma”, una svalutazione che trova negli eventi bellici una giustificazione plausibile. I dati sulla composizione metallografica delle monete puniche sembrano confermare tale situazione non solo indicando un progressivo e generalizzato cambiamento nella composizione delle leghe a partire da questo periodo, ma evidenziando anche tentativi di falsificazioni in relazione alla rivolta dei mercenari del 241-238 a.C. Soltanto la disponibilità dell’argento spagnolo in epoca barcide inverte, per la durata della seconda guerra punica, la tendenza allo scadimento della qualità del metallo documentato a partire dal 241 a.C.In questo breve arco di tempo, corrispondente alla rivolta libica, si registrano i primi tentativi di imitare le monete in argento e billone. La tendenza all’adulterazione del argento subisce un momentaneo rallentamento in epoca annibalica con l’acquisizione delle miniere spagnole. L’argento ispano-cartaginese contiene come elemento minoritario il piombo, mentre le coeve serie delle città spagnole presentano una minima quantità di rame. Il dato non solo sembra indicare l’utilizzo di diverse tecniche di coniazione (probabilmente utilizzate in ateliers differenti), ma anche di differente provenienza dell’argento per le serie di zecche autonome e quelle ispano-cartaginesi.
Il progressivo impoverimento delle leghe si registra anche nelle monete in bronzo. Le emissioni ispano-cartaginesi indicate come bronzo sono, in effetti, in rame con molte impurità, raramente alterato da piombo o stagno. Tale composizione, le distingue nettamente dalle monete cartaginesi coniate nel Nord-Africa nelle quali è prevalente l’impiego del piombo (fino al 90%) e dai bronzi sardi emessi tra 300-264 a.C. e 241-238 a.C., caratterizzate dell'incostante composizione cui partecipano quantitativi talvolta elevati di piombo e parti di stagno fino al 5 o 6 %.
I risultati sono stati confermati dalle indagini archeometriche eseguite su un campione delle cinquantasei monete in bronzo del tipo Core/cavallo retrospiciente della zecca di Cartagine del 221-210 a.C. rinvenute a Torre de Doña Blanca a Cadice. Le analisi hanno evidenziato un’alta percentuale di piombo che in alcuni esemplari arriva vicino al 90% (anche se alcune monete presentano una lega con prevalenza di rame (90-92%) con il 3-5% di piombo e il 3% di stagno). Queste monete probabilmente preparate nella metropoli africana in relazione alle vicende belliche della seconda guerra punica e trasportate in Spagna attraverso il porto di Rusadir, come sembra confermare il ritrovamento nel porto della città di una notevole quantità di monete puniche della stessa tipologia, dovevano far fronte alle necessità finanziare puniche nella Penisola sopperendo alla perdita della zecca ufficiale di Carthago Nova conquistata dai romani (anche se M.P. García-Bellido ritiene che dopo il 209 a.C. almeno per le monete in argento cartaginesi sia stata utilizzata la zecca di Castulo). Le analisi chimiche eseguite sulle monete cartaginesi di epoca annibalica rinvenute durante il dragaggio del porto di Rusadir, hanno rivelato, infatti, una lega con una forte presenza di piombo forse proveniente dal Monte Afra dove sono state individuate tracce di frequenza antica, tra cui una figurina in bronzo identificata con Astarte.
La provenienza nord-africa del metallo, trova riscontro nei frequenti ritrovamenti nell’area tra Tabraca e Rusadir di monete in piombo o piombo ricoperto di bronzo, risalenti al regno di Massinissa o Micipsa (fine III- seconda metà II sec. a.C.) e circolanti in concomitanza con le serie in bronzo numide e cartaginesi. Da Icosium, (l’antica Algeri) provengono ben centocinquantaquattro monete in piombo risalenti al II sec. a.C. di zecca locale associate a monete numide. (L’esiguo numero di esemplari sottoposti ad analisi microchimiche ha indicato quantità variabili di rame e piombo e in generale un piombo meno puro nelle emissioni numide rispetto a quelle di Icosium. Le analisi eseguite sulle monete annibaliche di zecca africana sembrano evidenziare che l’aggiunta progressiva di piombo andava consolidandosi già in epoca punica in accordo con il graduale passaggio dalla lega binaria e rame stagno a quella ternaria rame, piombo e stagno che si registra in tutto il Mediterraneo occidentale in epoca ellenistica e durante il periodo romano repubblicano.