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Iside egizia
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Iside, dea egizia a Iol-Caesarea di Mauretania

 

 (testo di Giuseppina Capriotti Vittozzi)

L’antica città di Iol-Caesarea di Mauretania, oggi Cherchel, ci ha conservato ampie tracce del culto di Iside, dea egizia, ampiamente venerata anche fuori dall’Egitto.

Divinità importante da tempi antichi, Iside egizia è sorella e sposa di Osiride e madre di Horo, la cui immagine vivente è il faraone.

Il mito che la riguarda ci è pervenuto, sinteticamente ma compiutamente, anche attraverso l’opera di Plutarco. Sorella e sposa di Osiride, sovrano dell’Egitto, Iside svolge il ruolo di vedova e madre: il fratello Seth, infatti, che è l’antagonista di Osiride, uccide il sovrano e disperde i brandelli della salma. Iside compie la sua lunga e pietosa ricerca per ricomporre il corpo dello sposo e infine lo rianima battendo le ali sul cadavere, essendosi trasformata in uccello. Miracolosamente, allora, concepisce un figlio, Horo, destinato a salire sul trono del padre e a vendicarlo, mentre Osiride diventa il sovrano del regno dei defunti; da allora, il re dell’Egitto che muore è Osiride e il nuovo re è Horo. Nascosta tra i papireti del Delta, Iside dà alla luce il figlio e lo protegge dai pericoli in attesa che cresca. Le sue doti di madre amorevole e di maga guaritrice, messe in atto nei confronti del figlioletto, fanno sì che la dea sia cara alle madri che la invocano per la protezione dei propri figli. Nella tradizione egizia, l'attributo che identifica la dea è il geroglifico del trono che, apposto sul capo, serve anche a scrivere il suo nome e sottolinea il suo legame con la regalità.

La dea Iside in trono
 

Figurina in faïence di epoca tarda raffigurante la dea Iside in trono mentre allatta il piccolo Horo; sul capo porta il segno del trono che la distingue.

Il genere si diffuse dall’Egitto al resto del Mediterraneo, sulle cui sponde sono state rinvenute figurine simili. Questa, in particolare, è conservata nel Museo Egizio di Firenze.


Fotografia riprodotta da M.C. Guidotti (a cura di), Le donne dei faraoni. Catalogo della mostra a Bergamo, 14 aprile - 29 giugno 2003, Milano 2003, p. 35.

Iside è legata anche alla piena del Nilo identificandosi con la stella Sothis, la quale annuncia l’arrivo della piena annuale. Iside dunque è nutrice: spesso rappresentata, anche negli amuleti, mentre allatta il piccolo Horo, è anche connessa con il ritorno della fertilità e dunque con le messi: Erodoto afferma che era identificata dai Greci con Demetra (II 59,2 e 156,5).

Iside ellenistica e romana mantiene il suo volto amorevole di madre e nutrice, coronata talvolta di spighe di grano, offre la rigenerazione della vita; assume tuttavia nuove capacità di soccorritrice come protettrice dei naviganti, quale Iside Pharia o Pelagia, vicina nel ruolo ad Afrodite Euploia, dea della buona navigazione.

Durante il periodo ellenistico, il culto di Iside esce dalla valle del Nilo e si diffonde nel Mediterraneo: una delle prime tappe di questo viaggio è l’isola di Delo, importante emporio e luogo di incontro tra mercanti e viaggiatori di origine diversa, dove Iside viene conosciuta e apprezzata e il suo culto, ritenuto efficace, riportato in patria. Mentre Delo segna il viaggio di Iside verso nord, un altro sito importante, all’estremo sud dell’Egitto, si configura come un’interfaccia cultuale e culturale: il tempio di Iside sull’isola nilotica di File, alla prima cataratta, volge il suo ingresso verso sud, al cuore dell’Africa, divenendo anch’esso luogo di incontro di popoli e culture, tra nord e sud.

La presenza di Iside a Cherchel ci testimonia il viaggio della dea egizia verso le estreme sponde occidentali del Mediterraneo: essa vi è conosciuta particolarmente in epoca romana, ma grazie alla sua immagine sulle monete battute dalla città verso la fine del III secolo avanti Cristo, sappiamo che Iside era importante a Cherchel già in epoca precedente e la sua immagine era connessa con le spighe di grano (sul rovescio della moneta).

La dea, che compare sulle monete, è identificata dal piccolo coronamento hathorico: due corna di vacca che inquadrano il disco solare; in realtà, questo attributo è originariamente tipico della dea Hathor, divinità egizia dell'amore e della gioia, ma anche dei beni preziosi ricavati da territori esterni alla valle del Nilo. Le corna con il disco solare vennero poi attribuite anche ad Iside in seguito ad un processo di sovrapposizione tra le due figure divine, fino a che l'antico attributo isiaco del segno del trono divenne sempre più raro. Nella nostra ricerca di Iside a Iol, bisogna sottolineare un'altro nesso tra figure divine, quello tra l'egizia Hathor e la fenicia Astarte: ques'ultima fu venerata anche in Egitto e mostra caratteristiche e attributi hathorici; le genti orientali che frequentavano l'Egitto, evidentemente, riconoscevano facilmente Astarte in Hathor. Se questa dea seguì gli Egiziani nei loro contatti con il mondo esterno alla ricerca di beni preziosi, sia nel deserto che verso il mare, incontrò precocemente la dea Baalat di Biblo e con essa si identificò, diventando per gli Egiziani "Hathor Signora di Biblo", così fu anche per le miniere del Sinai dove conosciamo "Hathor Signora della turchese"; lo stesso fenomeno è riconoscibile o intuibile altrove. Questa Signora della gioia e dei beni preziosi, riconoscibile in Astarte e cui, progressivamente, si sovrappose Iside, approdò probabilmente sulle coste dell'Algeria con i naviganti fenici e divenne tanto importante per la città punica di Iol - ricca per i traffici marini, ma anche per le coltivazioni agricole e i bacini minerari - da diventarne l'immagine ufficiale attraverso le monete.

La dea Iside in trono caratterizzata dal coronamento tipico della dea Hathor, costituito dalle due corna di vacca e dal disco solare. In questo caso, sopra quest’ultimo, si vede anche il segno del trono che è distintivo di Iside. L’immagine è riprodotta dal tempio di File dedicato a Iside, all’estremo sud dell’Egitto, nell’area della prima cataratta.


Disegno riprodotto da H. Junker, Der grosse Pylon des Tempels der Isis in Philä, Wien 1958, frontespizio.

 
La dea Iside col coronamento di Hathor

Moneta di Giuba II. Sul rovescio (a destra), è raffigurato un coccodrilloTra il periodo ellenistico e quello romano, quasi come una cerniera importantissima, a Iol-Caesarea si colloca il regno di Giuba II, contemporaneo di Augusto, che sposò Cleopatra Selene, figlia dell’ultima regina d’Egitto Cleopatra VII. In questo periodo, il culto di Iside ebbe ulteriori importanti sviluppi.

Giuba era erede della tradizione culturale nordafricana della Mauretania e al contempo abbracciava la cultura ellenistica e romana: in questo crogiuolo culturale, la sua Caesarea  fu una città ancorata all’Africa e proiettata verso il Mediterraneo, densa di vita e di stimoli culturali. Il sovrano dedicò molte energie allo studio della geografia e della storia e, sentendosi depositario della più grande tradizione africana, dimostrò una grande venerazione per la cultura egizia, civiltà nordafricana tanto antica, famosa ed autorevole. Sappiamo da Plinio (Nat. Hist. V.51) che Giuba, seguendo antichi geografi, si era dedicato alla ricerca delle fonti del Nilo nell’interno della Mauretania, dove il fiume avrebbe formato il lago chiamato Nilide; la similitudine della flora e della fauna fluviale rispetto al grande fiume egizio sembrava essere una conferma. Al tempo di Plinio, nell'Iseo di Caesarea, viveva un coccodrillo, riportato da Giuba proprio dalle sue ricerche geografiche nell'interno del paese: la presenza del rettile e quella di autentiche statue egizie ritrovate in città dovevano fare di Cherchel una sorta di pendant rispetto ad Alexandria ad Aegyptum. Il culto di Iside continuò a fiorire a Cherchel durante l’Impero Romano, come testimoniato dalle pregevoli sculture di quell’epoca, raffiguranti la dea.

 Disegno da un rilievo su un frammento di colonna conservato ai Musei Vaticani

 

Disegno liberamente tratto da un particolare del rilievo su un frammento di colonna conservato ai Musei Vaticani (Galleria dei Candelabri n. 2599). Il frammento è costituito dalla parte bassa di una colonna ritrovata a Roma, sul Celio, datata al I-II sec. d.C.

Sullo sfondo si vede un tempietto prostilo tetrastilo, su alto podio, la cui scalinata è affiancata a destra da una sfinge. In primo piano, un sacerdote si china a porgere del cibo a dei coccodrilli che emergono dall’acqua, mentre un altro sacerdote porta sul capo una cesta piena di cibo. L’atteggiamento festante dei coccodrilli li rende quasi simili a cagnolini.

L’immagine può rendere l’idea dell’esistenza di coccodrilli all’interno delle aree templari di culto isiaco.

 

 

Il tempio di Iside rinvenuto a Lambèse (Numidia, Algeria) e documentato da scavi recenti esemplifica bene un luogo di culto isiaco di epoca romana (II sec. d.C.), che tuttavia prosegue una tradizione progressivamente affermatasi dal periodo ellenistico e ben conosciuta da strutture precedenti (ad esempio quella di Pompei): un tempio di piccole dimensioni (in questo caso m 17.50 per 13.80), prostilo, inserito in un'area sacra comprendente altre strutture adibite al culto.

Disegni riprodotti da M. Le Glay, "Isis à Lambèse": Hommages à J. Leclant, III, Le Caire 1994, pp. 339-360.

 Tempio di Iside rinvenuto a Lambèse
 Ricostruzione del tempio di Iside rinvenuto a Lambèse
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