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Iside fenicia
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Iside, dea fenicia

 

(testo di Sergio Ribichini

“Regina degli dèi, Donatrice di ricchezza, Signora onnipotente, Buona Fortuna, Iside dal grande nome […] Tutti i mortali che vivono sulla terra infinita, Traci, Greci o barbari che siano, pronunciano il tuo bellissimo nome, assai onorato da tutti, ognuno nella sua lingua, ognuno nella sua patria. I Sirii ti chiamano Astarte, Artemide e Nanaia, i Lici ti chiamano Signora Letò, i Traci Madre degli dèi, i Greci ti chiamano Era dal grande trono e Afrodite e la buona Estia e Rea e Demetra. Ma gli Egiziani ti chiamano Thiouis, perché tu sola sei tutte le altre dee chiamate con i loro nomi dai popoli”.

Stauetta in bronzo di Astarte, II metà dell'VIII sec. a.C. Collezione G. Ortiz.

Immagine tratta da: La Méditerranée des Phéniciens de Tyr à Chartage, Paris 2008.

Astarte

Quando, con queste e altre lodi, il poeta egiziano Isidoro cantava nel I secolo a.C. lo splendore di Iside e la ricchezza dei suoi titoli, la dea egiziana aveva già da tempo conquistato fedeli in tutto il Mediterraneo antico. Tra i “Sirii” citati nell’Inno v’erano anche gli eredi di quei Fenici di Biblo che da vari secoli adoravano la dea e l’identificavano con la grande Signora della città, la Baalat di Biblo, che pure chiamavano Astarte e raffiguravano in foggia egiziana. Anche il greco Plutarco, che scrive nel I sec. d.C., si fa in certo modo interprete di questa lunga tradizione religiosa, raccontando che quando Iside in lutto aveva errato alla ricerca del corpo del proprio sposo, ucciso dal fratello, era giunta fino a Biblo di Fenicia: qui era stata accolta amorevolmente dalla regina e qui aveva trovato le spoglie mortali di Osiride. “Il nome della regina – scrive Plutarco – alcuni dicono che fosse Astarte, altri Saois, altri ancora Nemanos; nome che i Greci dicono Athenais”.

Placchetta

Placchetta con naiskos e scena cultuale, V sec. a.C. Parigi, Musèe du Louvre.

Immagine tratta da S. Moscati, I Fenici, Milano 1988.

La letteratura fenicia è purtroppo andata perduta, sicché non sappiamo fino a che punto le tristi vicende che avevano avuto la dea a protagonista e le varie forme del suo culto salvifico fossero accolte nell’ideologia e nella pratica religiosa condivise da tutto il popolo. Ma le iscrizioni fenicie mostrano che già nell’VIII secolo a.C. v’erano Fenici che davano ai propri figli nomi composti con quello della dea (come ‘bd’s, “Servo di Iside”). Due documenti ritrovati in Egitto manifestano poi che si avvertiva, anche a livello popolare, una sostanziale affinità tra la sposa di Osiride e l’Astarte fenicia: su una statuetta in pietra di provenienza incerta, raffigurante Iside con Horus bambino, seduta sul trono, un fedele nel IV sec. a.C. ha scritto la sua dedica “per la sua Signora Astarte”; due secoli dopo, a Menfi, un altro ex-voto conferma tale correlazione, con la dedica di una stele raffigurante Horus “alla mia Signora, alla potente dea Iside, alla dea Astarte e agli dèi che…”.

 Astarte

Placchetta in terracotta raffigurante Astarte proveniente da Tharros (Oristano, Sardegna), VI sec. a.C. Londra, The British Museum.

Immagine tratta da: La Méditerranée des Phéniciens de Tyr à Chartage, Paris 2008.

Anche a Delo, in Grecia, tra i residenti fenici, l’assimilazione tra le due dee era bene avvertita nel II sec. a.C., epoca cui risalgono documenti epigrafici che ricordano “Iside Salvatrice Astarte Afrodite” e “Iside Madre degli dèi Astarte”.



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