Approfondimenti
(testo di Fiammetta Susanna)
Il santuario di Cirta sorge su un’altura rocciosa contornata da un’ansa del Wadi Rhummel, (fig. 1) ed è uno dei più importanti monumenti della storia dell’Algeria punico-numida. La sua scoperta, fortuita e ricca di numerosi episodi, lo ha reso sfortunatamente un edificio di difficile comprensione.
Il primo nucleo costruttivo (fig. 2) fu messo in luce dagli scavi condotti negli anni ’50 del secolo scorso da C. Berthier per dei lavori di costruzione di un garage 150 m a sud est dell’hotel Transatlantique, che hanno rivelato l’esistenza di due strutture religiose diverse, un edificio collocato sul fianco della collina, interpretabile come un tempio con una corte rettangolare porticata, con al centro un ambiente rettangolare e di una seconda struttura posta nel giardino del hotel Transatlantique che è da considerasi di epoca romana, costituita da tre ambienti contigui ma indipendenti. Gli ambienti sono preceduti da blocchi di pietra squadrati che possono essere stati utilizzati come basi per delle colonne.
Le stele poste di piatto sul suolo erano assieme ad alcuni frammenti di ceramica, soprattutto appartenenti a degli unguentaria, e a due monete, una con due lettere puniche su un lato (la mem e la nun) e dall’altro un cavallo in corsa verso sinistra, l’altra databile al regno di Claudio.
L’identificazione di questi edifici, così diversi per funzionalità e cronologia ma che devono avere quanto meno un legame simbolico connesso al luogo, è preceduto da altre scoperte molto significative, la prima è stata effettuata nel 1875 da Rousselot, un cittadino di Cirta, che, scavando alcune fosse nel suo giardino, portò alla luce i resti di alcuni muri, un piccolo bacino quadrangolare con le pareti stuccate, alcuni resti architettonici e ossa animali miste a cenere.
Pochi anni dopo, per scavare le fosse di alloggiamento delle viti, in un terreno ai piedi della collina di El Hofra, furono scoperte alcune stele. Costa, un italiano, proprietario di quei terreni, volle condurre delle ricerche mirate all’ulteriore messa in luce di reperti archeologici, scoprendo così 300 stele. Queste erano interrate per 30-40 cm e disposte secondo una fila ordinata a grande distanza l’una dall’altra.
Il santuario, che come detto si trova in una posizione panoramica, al di sopra di un promontorio, costeggiato da un’ansa del Wadi Rhummel, a un chilometro dal centro dell’attuale Cirta ha una ubicazione che consolida fortemente il suo ruolo sacro simbolico di santuario periurbano , posto nei pressi del centro abitato, in una fascia di transizione con le campagne, decentrato quindi per motivi funzionali o rituali, comprendente grandi spazi di aggregazione, come la corte, per le riunioni dei fedeli.
Il ritrovamento della favissa con oltre 700 stele potrebbe porlo in relazione con una edificio sacro tipo tophet, che è stato supposto potesse trovarsi al di sotto delle strutture messe in luce negli anni ’50. Tuttavia alcune ciò che emerge dalle trincee, scavate da cercatori clandestini, in alcuni punti del porticato e della corte dell’edificio, poi sfruttate dagli archeologi per la comprensione delle sottostrutture del santuario, ha chiaramente smentito la possibilità che si potesse trattare di un tofet preesistente, soprattutto per la natura dei ritrovamenti, costituiti solo da pochi centimetri di muretti in mattone crudo conservati, battuti pavimentali e strati di legni combusti.
Una chiara connessione tra gli edifici è comunque da tenere in considerazione, un’evoluzione del culto, con cambiamento del rituale, può essere accaduta nell’area che per la natura geografica, poteva conservare una forte valenza sacrale di barriera religiosa della città.
Il santuario è organizzato planimetricalmente (fig. 3) come un’area sacra porticata a cielo aperto, lunga 32 m e larga 16 m, organizzata in tre parti principali: il primo elemento è costituito da un corridoio perimetrale pavimentato in battuto, largo 4,75 m., il muro esterno di delimitazione è molto lacunare a causa delle depredazioni per il riutilizzo dei materiali da costruzione, il muro interno invece, si conserva ancora in un mediocre stato, ed era formato da lastre di calcare blu, utilizzate come basi di colonne di 70 cm di diametro, disposte secondo un intercolumnio di 1,80 cm. Da questo passaggio perimetrale, si aveva accesso ad una stanza quandrangolare posta nell’angolo nord-est di 4x10 m dove sono stati scoperti alcuni frammenti di decorazione in stucco e delle pietre, che dovevano far parte di un altare monumentale custodito all’interno. L’elemento centrale (fig. 4) era costituto dalla corte anch’essa pavimentata in battuto, dotata anche di apprestamenti idrici per lo scolo delle acque piovane, al centro della quale vi era un ambiente rettangolare con uri spessi 1,50 m, costituiti da ciottoli di grandi dimensioni, che poteva contenere all’interno la statua della divinità, a cui potrebbe appartenere la mano ritrovata durante gli scavi.
All’esterno della cappella si trovava anche un betilo, forma di rappresentazione aniconica della divinità, che potrebbe essere stato precedente all’erezione della cappella.
Pertanto il santuario di El Hofra appartiene a pieno titolo alla tipologia di edifici sacri (definiti in letteratura come semitici) di ambiente punico del III-II sec. a.C., che possiedono una corte porticata ed una struttura sacra centrale come nei santuari di Volubilis (Marocco) e Gightis (più tardo, in Tunisia).
Queste caratteristiche fanno dell’edificio di El-Hofra come una fabbrica nata per la venerazione di una divinità, sfortunatamente non ancora identificabile, ma possibilmente interpretabile come una figura di un Baal, nella forma di ctonia e inferina di Baal Addir, come sembra poterci suggerire anche la citazione su un’iscrizione locale (KAI 115: “BT B’L ‘DR”).
La dea Iside sulle monete: caratteri di un'iconografia
(testo di Lorenza-Ilia Manfredi)
La figura di Iside ricopre un ruolo molto importante nella monetazione del mondo punico.
Iside, dea egizia a Iol-Caesarea di Mauretania
(testo di Giuseppina Capriotti Vittozzi)
L’antica città di Iol-Caesarea di Mauretania, oggi Cherchel, ci ha conservato ampie tracce del culto di Iside, dea egizia, ampiamente venerata anche fuori dall’Egitto.
Iside, dea fenicia
(testo di Sergio Ribichini)
“Regina degli dèi, Donatrice di ricchezza, Signora onnipotente, Buona Fortuna, Iside dal grande nome […] Tutti i mortali che vivono sulla terra infinita, Traci, Greci o barbari che siano, pronunciano il tuo bellissimo nome, assai onorato da tutti, ognuno nella sua lingua, ognuno nella sua patria. I Sirii ti chiamano Astarte, Artemide e Nanaia, i Lici ti chiamano Signora Letò, i Traci Madre degli dèi, i Greci ti chiamano Era dal grande trono e Afrodite e la buona Estia e Rea e Demetra. Ma gli Egiziani ti chiamano Thiouis, perché tu sola sei tutte le altre dee chiamate con i loro nomi dai popoli”.
La magia
(testo di Rosanna Montanaro)
Nel mondo antico la magia era un ambito importante della religione e molte volte la seconda non si poteva separare nettamente dalla prima. Con il termine "magia" ci si riferisce a pratiche, formule, o gesti che permettono di avere degli effetti nella realtà, tramite l’invocazione di dei o tramite l’utilizzo di oggetti particolari.
La donna punica e il suo mondo
(testo di Gianpiero Rossi)
Nel mondo punico il ruolo della donna era ambivalente e dipendeva dal rango sociale alla quale apparteneva.
L'oreficeria
(testo di Rosanna Montanaro)
L’oreficeria e la produzione di gioielli è uno degli aspetti più caratteristici della produzione artigianale fenicia e punica. L’omogeneità di questa produzione non permette altresì di distinguere i prodotti di origine orientale da quelli di origine occidentale o cartaginese. Inoltre la loro tesaurizzazione limita la possibilità di una cronologia. Il materiali impiegati per la loro produzione erano l’oro, l’argento, il bronzo, ma sono presenti anche pietre dure pregiate e vetro.
La tecnica di incisione delle pietre dure
(testo di Rosanna Montanaro)
Lo studio degli intagli è chiamato glittica, e deriva dal termine greco γλυπτική τέχνη e da qui il verbo γλύφω, cioè marcare, incidere sopra le pietre dure. Si possono però distinguere due sistemi differenti di incisione delle pietre.
La vita quotidiana e la cucina
Per gli studi archeologici il ruolo centrale del cibo nella formazione e composizione sociale delle comunità antiche è un'acquisizione critica relativamente recente, e rientra in quella prospettiva di studio totale e interrelato del passato nella quale i mucchi di spazzatura o i vari accumuli di resti di pasto che ci hanno lasciato gli uomini dell'evo antico hanno pari dignità e valore delle opere più raffinate ed alte dell'artigianato.
Il grano e le spighe: la cerealicoltura in nord-Africa nell'antichità
(testo di Lorenza-Ilia Manfredi)
"Coltivatori e mangiatori di cereali", così Ecateo da Mileto (Jacoby, fr. 335) definisce i popoli libici e Strabone (XVII, 3, 11) specifica che nelle terre dei Massesili dopo la mietitura è sufficiente grattare il suolo con un paliuri perché i chicci caduti diano un nuovo raccolto. Columella (De re rustica, II, 2), in polemica con Celso, ricorda che il metodo di lavorare la terra con piccoli vomeri e con semplici erpici può essere produttivo soltanto in Egitto o Numidia, dove i campi di frumento sono liberi da alberi e la terra, ricca di arene, è sciolta e leggera quasi come cenere: per questo basta muoverla con piccolo aratro a chiodo.
Il commercio e le rotte di navigazione
(testo di Annalinda Iacoviello)
Il I millennio a.C. vede nel Mediterraneo un’intensa fase di scambi tra varie popolazioni, in cui i Fenici hanno un ruolo determinante: i loro primi spostamenti sono finalizzati al reperimento di materie prime, in primo luogo metalli.
Anfore fenicie e puniche in Algeria
(testo di Antonella Mezzolani)
Le ricerche archeologiche in Algeria hanno più volte consentito di rinvenire anfore di epoca fenicia e punica, diffuse nei maggiori siti del paese.
Dal metallo alla moneta nell'Algeria punica
(testo di Lorenza-Ilia Manfredi)
La potenza militare punica
(testo di Gianpiero Rossi)
Dopo la fondazione di Cartagine, nella seconda metà del IX sec. a.C., il territorio limitrofo entrò repentinamente sotto l'influenza punica, comprese alcune zone del Mediterraneo occidentale come Lilibeo in Sicilia, la Sardegna e, dopo la Prima guerra punica, anche alcuni territori costieri della Penisola Iberica.
Le necropoli e il rituale funebre
(testo di Annalinda Iacoviello)
I fenici e i punici utilizzavano, come rituale funebre, sia l’incinerazione che l’inumazione, anche nella stessa necropoli o nella stessa tomba; l’unica distinzione possibile è cronologica, poiché l’incinerazione sembra essere stata utilizzata più anticamente, nell’VIII-VII secolo a.C.
I mausolei
(testo di Annalinda Iacoviello)
I mausolei sono monumenti funerari, costruiti in onore di sovrani in tutto il Mediterraneo, per lo più in età ellenistica. In realtà, strutture di questo tipo esistevano già in area siro-palestinese, come dimostra il mausoleo di Amrit, detto meghazil, “fuso”, risalente al VI sec. a.C., strutturato come un monumento a più livelli su base circolare e dotato di camere funerarie ipogee.
Epigrafia e tophet in Algeria
(testo di Paolo Xella)
La facies fenicio-punica d’Algeria è variamente individuabile attraverso le vestigia archeologiche (monumenti, epigrafi, cultura materiale), ma anche grazie alla toponomastica (specie, ma non solo, quella dei centri costieri: Macomades, Rusicade, Cirta, Chullu, Rusazus, Rusuccuru, Rusguniae, Icosium, Cartili, Cartennae, ecc.) e alle testimonianze letterarie ed epigrafiche greche e latine.