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La potenza militare punica

(testo di Gianpiero Rossi)

Dopo la fondazione di Cartagine, nella seconda metà del IX sec. a.C., il territorio limitrofo entrò repentinamente sotto l'influenza punica, comprese alcune zone del Mediterraneo occidentale come Lilibeo in Sicilia, la Sardegna e, dopo la Prima guerra punica, anche alcuni territori costieri della Penisola Iberica.

L'equipaggiamento del soldato: la corazza Solo con la Seconda guerra punica, però, si ha un dispiegamento di forze veramente notevole sia sul territorio patrio che al suo esterno. Annibale Barca, infatti, portò lo scontro con Roma fino a sotto le mura dell'Urbe. Per la sua traversata il comandante cartaginese oltre alla fanteria punica e ai mercenari libici, che facevano parte della chora (territorio) di Cartagine, portò con sè la cavalleria numidica, famosa per le sue cariche devastanti, e i neo-arruolati iberici. Presso la Gallia Cisalpina e in prossimità del Sannio, inoltre, Annibale accolse tra le proprie fila anche contingenti gallici ed italici arrivando a comandare un esercito di notevoli dimensioni.

Rovescio di moneta di Sidone (IV sec. a.C.) con raffigurazione di un'imbarcazione

Per quanto riguarda i più alti vertici di comando delle forza armate puniche non vi era una vera e propria distinzione tra generali, in relazione alle forze di terra, e ammiragli (navarchi) per le forze di mare, anche se durante la Prima guerra punica i due comandi erano separati e prevedevano ciascuno la figura di un apposito stratego (comandante).

Il ruolo di uno stratego delle forze armate rispecchiava lo svolgimento naturale della strategia di guerra antica. La flotta, infatti, non solo serviva a coordinare con l'esercito le azioni di attacco, ma la sua utilità veniva anche sottolineata durante le operazione di carico e sbarco dei soldati. In caso di sfruttamento durante un attacco sia dell'esercito che della flotta, il comando di quest'ultima veniva affidato a diversi ammiragli subordinati che ottenevano ciascuno una parte delle navi a disposizione.

 

Rovescio di moneta di Sidone (IV sec. a.C.) con raffigurazione di un'imbarcazioneRovescio di moneta di Sidone (IV sec. a.C.) con raffigurazione di un'imbarcazioneLa maggior parte delle informazioni che si hanno, sia per quanto riguarda gli avvenimenti bellici sia per la loro preparazione e organizzazione, la si deve a diversi autori latini che hanno riportato i fatti. Grazie a essi si conosce l'equipaggio tipico di una nave da guerra punica. Essa comprendeva: rematori, marinai, ufficiali e soldati di marina che erano il più delle volte arcieri e frombolieri per gli attacchi a distanza tra una nave e l'altra.

Diversi sono i tipi di navi che erano presenti nella flotta cartaginese nelle diverse epoche.

Il pentecontoro, ad esempio, era una nave che presentava cinquanta remi, venticinque per lato, e solcava le acque del Mediterraneo già nel IV sec. a. C. Si è riscontrato, inoltre, che questo nome poteva anche identificare una nave di cento remi posti su due file da venticinque remi per lato.

Elemento caratteristico della flotta punica era quello di avere un rostro sul finire della prua atta a speronare le navi nemiche. Il rostro a forma conica che si ritrova fino al IV sec. a.C. è caratteristico dell'epoca arcaica, in seguito venne sostituito da quello trifido, in tre parti, di tradizione greca.

Disegno ricostruttivo di una trireme anticaLa triere o trireme, nave a tre ordini di remi sovrapposti, era la più utilizzata per gli speronamenti grazie alla sua eccezionale agilità nelle manovre e velocità. A partire dalla fine del V sec. a.C. si iniziò ad impiegare nuovi sistemi di combattimento riducendo sempre più il ruolo del rostro. Questi erano l'abbordaggio mediante i corvi e successivamente il lancio di proiettili con catapulte montate sul ponte. A questo proposito si incominciò ad utilizzare le pentere o quinquereme, navi molto più lente e con un ponte più ampio delle triere, tanto da permettere non solo l'utilizzo delle catapulte, ma anche il combattimento a bordo tra i soldati armati.

 

 

Rilievo di una trireme scoperto da C. Lenormant nel 1852 (Atene, Museo dell'Acropoli)Polibio, inoltre, ci informa che la pentera cartaginese fu il modello utilizzato dai Romani per costruire le unità da guerra delle loro flotte subito dopo la Prima guerra punica.

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