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Epigrafia e tophet in Algeria
(testo di Paolo Xella)
La facies fenicio-punica d’Algeria è variamente individuabile attraverso le vestigia archeologiche (monumenti, epigrafi, cultura materiale), ma anche grazie alla toponomastica (specie, ma non solo, quella dei centri costieri: Macomades, Rusicade, Cirta, Chullu, Rusazus, Rusuccuru, Rusguniae, Icosium, Cartili, Cartennae, ecc.) e alle testimonianze letterarie ed epigrafiche greche e latine.
Tra gli indicatori più significativi della presenza fenicio-punica in quest’area, dal punto di vista dell’ideologia e del culto, si devono anche additare i tipici santuari a incinerazione che definiamo convenzionalmente con il termine ebraico tophet. Si tratta di aree sacre in gran parte a cielo aperto, ma contenenti installazioni cultuali quali sacelli e altari, caratterizzate dalla deposizione di urne contenenti resti combusti di bambini e/o animali e dall’erezione di monumenti votivi quali ex-voto, una percentuale dei quali recano iscrizioni di carattere votivo. Tali santuari ospitavano un’attività cultuale certo molto articolata, che doveva verosimilmente comprendere anche sacrifici cruenti di giovani vittime umane e animali consacrate, in voto o ex-voto, al dio Baal-Hammon (Saturno) e, almeno a Cartagine e a Cirta, alla dea Tinnit, che anzi era al primo posto nelle dediche nella metropoli punica.
A tutt’oggi, tophet non sono stati individuati nella madrepatria fenicia, mentre essi sono ben presenti nell’Occidente mediterraneo: in Sicilia (Mozia), in Sardegna (Tharros, Sulcis, Monte Sirai, Nora, Bitia), naturalmente in Tunisia (Cartagine, il più vasto di tutti, ma anche in altre numerose località, da Sousse a Maktar, da Dougga ad Althiburos, ecc.), poi in Libia (Sabratha, Labdah) e nella stessa Algeria.
Anche in quest’ultimo caso la documentazione disponibile permette di identificare, in modo diretto o indiretto, l’esistenza di alcuni di tali santuari la cui installazione si dovette all’influenza di Cartagine, non senza consistenti apporti e rielaborazioni, specie a partire dal III sec. a.C., della cultura numidica. A parte i casi testimoniati direttamente dai ritrovamenti archeologici ed epigrafici, in linea generale tutti quei centri che attestano un culto rivolto al dio Saturno in epoca romana sono fortemente indiziati di avere ospitato installazioni sacre puniche in onore di Baal-Hammon e quindi, in ipotesi, anche dei tophet. In questa sede ci si limiterà ai casi più sicuri, senza soffermarsi su altri, comunque probabili (come ad es. Lambèse ed altri ancora).
Il sito algerino che ci fornisce, in questo senso, la documentazione più abbondante e inequivocabile è senz’altro Constantine, antica Cirta Regia, il centro religioso punico più cospicuo dopo Cartagine. Qui, anche senza che si possa precisare la dislocazione del santuario punico (che doveva comunque trovarsi sul fianco della collina che dominava l’Ampsaga), circa un migliaio di stele votive con dediche in punico e neopunico (altre ve ne sono in greco e in latino con dediche a Kronos, Tinnit e Saturno) testimoniano l’importanza del locale tophet, attivo sin dalla metà del III sec. a.C., dedicato agli dei Baal-Hammon e Tinnit. Questi sono menzionati nelle dediche in tale ordine, ma il primo è anche invocato come Baal Addir, una sua epiclesi di carattere ctonio. Il successivo culto di Saturno conferma le profonde radici puniche della religiosità locale.
Le Kheneg, (Tiddis, Castellum Tidditanorum), un borgo fortificato nella cintura che proteggeva Cirta, sembra aver avuto anch’esso un ruolo cospicuo come centro religioso e fu sede di un santuario di Saturno, posto sulla sommità del monte Ras ed-Dar, verosimilmente preceduto da un luogo sacro in onore di Baal-Hammon (forse un tophet: sembra parlare in questo senso un’iscrizione dedicatoria neopunica). Sempre dalla zona di Constantine, da Oudjel (Uzelis, 37 chilometri a ovest), proviene un’iscrizione votiva con tipico formulario da tophet.